L'intervento di Maria Adele Garavaglia, presidente delle giurie

Come rappresentante della Giuria del premio, desidero ringraziare il Circolo Culturale “Gian Vincenzo Omodei Zorini” che, con grande impegno, ha realizzato questa iniziativa. Un grazie particolare al suo presidente, Ornella Bertoldini, per l’entusiasmo infaticabile che profonde. Grazie anche ai “Lettori” che attuano una prima lettura dei testi, per scegliere i finalisti. E’ un lavoro davvero molto impegnativo e di grande responsabilità. Grazie ai giurati, infine, per la passione, l’onestà, la trasparenza con la quale portano avanti il faticoso lavoro di lettura e valutazione dei testi. In virtù di tutto questo impegno si giunge alla riunione finale, nella quale si scelgono i vincitori, con obiettività e pacatezza. Il sistema di valutazione a punteggio, infatti, esclude sterili diatribe tra i giurati, e garantisce una scelta serena. Qualche volta le valutazioni non concordano perfettamente, poiché, al di là dei criteri adottati da tutti i giurati, che fanno riferimento allo stile e alla rispondenza del testo al genere letterario, è evidente che l’attribuzione del punteggio dipende in parte anche dal proprio gusto personale. Tuttavia, il meccanismo adottato dalla giuria, e collaudato ormai negli anni, consente un procedere dei lavori spedito e senza incrinature.
Quest’anno l’affluenza dei testi è stata ancora più cospicua, rispetto all’anno passato: segno che il “Premio” sta crescendo anche in rinomanza, ma segno anche della fede nella scrittura e nella letteratura. In era di informatica e di digitale, conforta vedere che ancora la scrittura è potente mezzo espressivo e di comunicazione delle emozioni e dei sentimenti che fanno sentire vivi e proteggono dall’omologazione, dalla disumanizzazione dell’ eccesso di tecnologia.
La parola meditata garantisce la salvaguardia della nostra umanità, aiuta a vedere chiaro in noi stessi, a considerare l’umana famiglia come luogo di crescita intellettuale e morale, fa guardare alla natura come a un’amica e compagna nel viaggio della vita e ci fa vedere nel nostro prossimo un fratello. Ci aiuta, in ultima analisi, a mettere in pratica l’imperativo categorico che Immanuel Kant definì con il monito di “considerare l’uomo come fine e non come mezzo”. La letteratura tutta, anche quella prodotta dai non addetti ai lavori, che sono in ogni caso sensibili e talvolta anche geniali “dilettanti” ( e qui mi riferisco soprattutto ai giovani), consente di arricchire il comune patrimonio di sapere e di sentire, migliora la qualità della nostra vita.