Sep (Sclerosi a placche)

di Pierre Lebahar

Buongiorno Lucie, come stai stamattina?
Come al solito, Bernadette. È l’infermiera. Noi ci conosciamo da anni. Non posso risponderle, neanche se lo volessi: Allora strizzo gli occhi e lei mi sorride. Spalanca le tende e lascia che il sole inondi la mia camera. Da una mezz’ora la clinica rumoreggia di rumori diversi, mettendo fine ai sogni dei malati per riportarli al loro incubo quotidiano.
Lucie, torno fra cinque minuti, vado solo a cercare un aiuto.
Vai, Bernadette, io non mi muoverò, lo sai bene……..
Sono più di sette anni che non mi muovo più. Anche parlare mi è diventato impossibile. Il mio cuore e il mio spirito sono prigionieri in una montagna di carne. Non so più a che cosa assomiglio e del resto, ora me ne infischio.
E dire che ero una bambina così carina! Ero l’orgoglio dei miei genitori . Quando mi vedevano, le altre madri mi giudicavano, mi valutavano … e io vedevo nei loro sguardi una punta di gelosia. Anche per Margot, la mia sorellina, non era facile. La eclissavo completamente. Io, superba, anormalmente bella perfino, e lei, che cercava di esistere al mio fianco…..
E a scuola era la regina. Qualunque cosa facessi, le maestre non finivano di lodarmi.
Poi la sontuosa bambina è diventata una splendida adolescente. Tutto andava così bene. Com’era bella la vita! Il mondo era ai miei piedi, quasi senza sforzo da parte mia. Era il potere della bellezza, alleato al candore dell’infanzia.
E un giorno d’autunno, mi sono lamentata con i miei genitori delle mie gambe, diventate improvvisamente pesanti. Credo che nessuno ci fece caso, almeno all’inizio…
“Smettila di voler renderti interessante” mi diceva mia sorella annoiata.
“Ma cos’hai, insomma?”, mi chiedeva mia madre, inquieta, fino al giorno in cui mio padre, furioso, mi rimproverò accusandomi di aver bevuto il suo cognac. Bisogna dire che non camminavo più diritta, che sbandavo, … che tutto girava attorno a me…
Sì, tutto girava attorno a me , ma non come una volta, quando suscitavo l’ammirazione dei miei genitori. Ora ero diventata per loro una fonte d’inquietudine.
Da quell’istante, ho passato più tempo negli ambulatori medici che a scuola…….
Tutto cambiò.
Nulla fu mai più come prima….
E molto presto non ho più potuto restare a casa. ….
Una sera i miei genitori salirono nella mia camera per abbracciarmi e per chiedermi di perdonarli. Avevano deciso di mandarmi in una clinica dove, dicevano, sarei stata curata in modo più efficace. Naturalmente sarebbe stato meglio per me : E per loro, anche se non lo dissero…
Ma gliene fui grata, perché il loro aspetto disfatto, il loro abbattimento mi era penoso quanto la malattia stessa…
E dopo tutto questo tempo, sono ancora nella stessa clinica, nella stessa camera, sullo stesso letto.
Nulla si è mosso…..
All’inizio, i miei genitori e Margot venivano a trovarmi tutti i giorni. Poi, con il passar del tempo, le visite si sono diradate.
In seguito, la mamma è venuta sola. Era evasiva, quando le chiedevo di papa. Io non insistevo, perché era triste e sembrava imbarazzata…
È stato solo per una sbadataggine di Margot che ho capito che papa era morto. Ne fui sconvolta. Prima per la sua morte. Poi per la mamma. E perché me l’avevano nascosto….
Avrei almeno voluto che la mamma me ne parlasse, che avessimo finalmente una conversazione tra donne. Mentre finora la malattia aveva fatto sì che lei non vedesse in me altro che una bambina…
Sì, mia madre mi ha sempre amato, malgrado la malattia. Bisogna dire che l’amore di una madre è la sola cosa gratuita, perché non viene meritata. E’ un amore acquisito dalla nascita…
L’ho capito, io che non ho mai avuto figli, immergendomi nello sguardo di mia madre.
Avrei tanto desiderato domandarti consiglio, mamma , a proposito dei figli che avrei avuto, o parlarti dei problemi di coppia, o ancora occuparmi di te nella tua vecchiaia…..
Avrei tanto desiderato che tu fossi fiera di me!
Mia sorella viene sempre a trovarmi …
Io l’amo molto Quello che è curioso è che lei mi vede sempre con gli occhi della sorella minore in ammirazione della sorella più grande, un tempo così carina. Non mi ha visto cambiare, non vede la mia metamorfosi. I nostri rapporti son restati gli stessi, sempre regolati dai nostri ricordi di bambine…
Allora, Bernadette, arrivi? Io l’aspetto ancora…
Aspettare, aspettare, passo la mia vita ad aspettare. A volte è insopportabile, non c’è peggiore prigione di quella di cui non si possono toccare i muri. No, c’è peggio di questo. E’ essere privati d’amore, e nel mio caso, vietati all’amore. Al massimo, io posso sperare solo della pietà…
Se non mi fossi ammalata, che cosa sarei?…
Chi lo sa quello che sarei diventata. Che cosa sarebbe diventata quella ragazzina così carina? L’essere umano è così strano.
Finalmente eccole, tutte e due. Bernadette entra come una folata di vento con un’aiuto infermiera che non ho mai visto. È diventata esperta , conosce ogni angolo del mio corpo . Sa come passare il guanto, come non appoggiare troppo sui punti più dolenti…migliorando la mia vita per il bene che mi procura e per i dolori che mi risparmia….
Con l’aiuto infermiera, mi deposita sulla poltrona, vicino alla finestra.
Mentre atterro, guardo la foresta lontana, sguarnita sotto il pallido sole d’inverno che viene ad accarezzarmi la guancia.
Come mi fa bene questo.
Mio Dio, com’è bella la natura.
Che felicità.
Non ho male da nessuna parte.
Sto bene stamattina.
Mi sento bene.
Sì. Sono felice, malgrado tutto.